La prima notizia riguardo la presenza di una possibile area archeologica nella zona di Maratta, risale agli inizi del 1900 quando durante i lavori di realizzazione della ferrovia Terni – Orte si rinvenne materiale litico nella zona compresa tra la ferrovia e la loc. Magale (nota dell’ispettore dei monumenti e scavi Luigi Lanzi, 1900).
Nei decenni successivi vennero fatti altri ritrovamenti di materiale litico nella zona sotto Colleluna, in località Campo Croci.
Nel 1998 venne eseguita un’indagine di superficie in un campo arato nei pressi della Strada di Casanova dalla quale emerse l’evidente presenza di materiale fittile (terracotta o argilla), di impasto e di metallo.
L’anno successivo (1999) la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria decise allora di aprire un primo saggio nell’area compresa tra la Strada di Casanova, Strada di Maratta Bassa e la ferrovia Terni-Orte; gli interessanti ritrovamenti portarono negli anni successivi ad effettuare altri due saggi coprendo in totale un’area di circa 600 mq. Nel 2014, a circa centocinquanta metri da questa zona indagata, vennero alla luce durante i lavori per la realizzazione della strada di collegamento Gabelletta-Maratta altri resti di età preromana.
Questa cronistoria degli scavi archeologici effettuati ci fa capire che siamo in presenza di un’area archeologica molto estesa e solo in parte indagata: l’area dove sorgeva forse il primo o uno dei primi nuclei abitativi della futura Interamna.
Dalle strutture emerse e dai reperti archeologici, considerando che si tratta di un sito archeologico pluristratificato, l’insediamento abitato dai Naharkii è databile tra l’VIII e il VI secolo a.C.
Il villaggio, abitato quindi per circa 400 anni, sorgeva nei pressi di un’ansa del fiume Nera, su una piccola altura (10 m sopra il livello del fiume Nera) costituita da un consistente banco di sabbia, risultato delle esondazioni del fiume stesso. Dagli studi geologici effettuati nella zona, molto probabilmente in prossimità dell’ansa del Nera esisteva un piccolo lago.
La presenza di alcune buche di palo, generalmente contraddistinte da una risega interna, fanno supporre che il villaggio fosse costituito da strutture capannicole con i tetti dotati di coppi di colmo (ritrovati nel sito). Le pareti delle capanne erano presumibilmente rivestite da un conglomerato di materiale fittile e litico (di pietra) ricoperto da uno strato di intonaco biancastro.
Molto è il materiale rinvenuto, sia fittile che metallico, databile tra il VIII e il VII sec. a.C. Il ritrovamento di rocchetti, fuseruole e pesi da telaio fanno supporre che nel villaggio veniva svolta anche un’attività legata alla tessitura.
Le uniche strutture rinvenute sono i resti di due muretti a secco realizzati con blocchi calcarei, il primo con orientamento NE ed il secondo verso SO; quest’ultimo è dotato di una sorta di fossa di fondazione. Probabilmente, oltre a delimitare i confini delle singole capanne, i muretti servivano a contenere una sorta di vespaio, la camera d’aria che permetteva di isolare la capanna dall’umidità del suolo e dalle inevitabili esondazioni del fiume Nera.
Interessante è anche il ritrovamento di alcune fosse di forma rettangolare e quadrangolare, utilizzate forse come depositi per la conservazione di alimenti, e di una piccola fornace dalla tipica forma ad otto utilizzata prevalentemente per utilizzo domestico.
Dagli elementi finora raccolti con le due campagne di scavo è evidente che si tratta di un centro non solo abitato ma anche produttivo e di culto. Le ricognizioni di superficie effettuate nelle aree comprese sotto il toponimo esteso “Campo Croci”, lasciano ben sperare che ci sia ancora molto da scoprire su questo abitato di Maratta. Secondo alcune notizie orali, il termine Campo Croci potrebbe indicare la presenza della necropoli del villaggio di Maratta; ciò si potrà verificare solo con l’apertura di nuovi saggi archeologici.
Le limitate indagini archeologiche finora effettuate infatti non permetto di definire bene la storia del villaggio abitativo di Maratta, sicuramente molto più esteso rispetto all’area indagata.
Rimane inoltre non chiaro il motivo per il quale nel III sec. a.C. (inizio della romanizzazione nel territorio ternano) venne abbandonato il villaggio di Maratta preferendo quello che sorgeva vicino alla confluenza del torrente Serra sul fiume Nera, ovvero l’abitato nominato Interamna, l’attuale Terni.
Sta di fatto che l’abitato di Maratta è un sito archeologico di notevole importanza e che merita di essere indagato fino in fondo.
L’area dove sono stati effettuati i primi scavi risulta attualmente completamente ricoperta da vegetazione anche ad alto fusto. La seconda zona indagata è stata ahimè ricoperta con asfalto. C’è da sperare che nelle zone ancora non indagate, il lavoro dell’aratro non abbia danneggiato quanto si nasconde appena sotto quaranta centimetri di terra.